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  • addolcitori a scambio ionico
  • osmosi inversa
  • filtrazione
  • deferrizzazione e declorazione
  • riduzione della pressione
  • disconessione impianti

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Un fatto ben noto è che i sali calcarei dell’acqua, (quelli in pratica che complessivamente ne definiscono la durezza), sono una delle principali fonti di “guai” nell’industria, come nell’attività domestica, a causa della loro tendenza a depositarsi in forma compatta e dura, su ogni cosa che viene appunto a contatto con l’acqua e determinano, sprechi ed usure d’ogni tipo. E’ altrettanto noto che esistono numerosi trattamenti, studiati per combattere e per prevenire l’incrostazione in modo sicuro ed efficace, (ad esempio l’addolcimento con resine a scambio ionico). Questi trattamenti non solo hanno avuto, ed hanno, un crescente successo a causa di una esperienza d’uso pluridecennale, ma hanno anche il vantaggio di essere perfettamente conosciuti sotto ogni aspetto scientifico e tecnico. Di recente sono invece apparsi (o meglio riapparsi) sul mercato apparecchi anticalcare definiti con una straordinaria varietà di termini (elettronici, elettromagnetici, magnetici, ecc.) ma che hanno in comune la vantata proprietà di impedire le incrostazioni, agendo in qualche modo sulla formazione dei cristalli di calcare. Abbiamo parlato di “riapparizione” perché in verità tali apparecchi sono fabbricati da oltre 50 anni e, con alterne vicende, vengono periodicamente riproposti sul mercato con una politica commerciale spesso molto ben pubblicizzata e capillare. E’ quindi logico che, di volta in volta, tutte le persone interessate ai problemi dell’acqua abbiano dedicato tempo e ricerche per studiare la funzionalità di questi apparecchi soprattutto con l’intento di individuare una base scientifica comune in grado di giustificare la validità e l’applicazione di ogni singolo apparecchio per ogni specifico caso. Mentre, da un lato, rimane misteriosa questa base scientifica, d’altro lato è pressoché impossibile sperimentare tutti i numerosi apparecchi nell’infinita varietà d’acque che si trovano in natura. Pertanto, di fronte a risultati negativi di prove ufficiali, ogni costruttore di questi apparecchi è autorizzato a sostenere che le modalità di prove non erano corrette o che il suo apparecchio, costruttivamente diverso, non è stato sperimentato. Qui noi ci limitiamo ad esporre ciò che è stato scritto sull’argomento da parte di sperimentatori ed istituti di ricerca accennando, prima, ad una descrizione degli apparecchi secondo gli stessi costruttori.

Gli apparecchi anticalcare: cosa sono e come funzionano.

La gran varietà d’apparecchi in commercio, rende alquanto difficile una classificazione, che li comprenda tutti tenendo anche conto delle piccole differenze nei dettagli costruttivi. In generale tuttavia si possono individuare quattro gruppi d’apparecchi:

  1. Magnetici ed elettromagnetici.
  2. Elettronici (polarizzazione elettrica in corrente continua).
  3. Manicotti metallici (in genere alluminio).
  4. Come sopra ma con in più un elettrodo sacrificale.

Fra gli effetti presunti, dei campi elettrici e magnetici, sul processo di cristallizzazione (che produce ad esempio, le formazioni calcaree incrostanti) si cita spesso la possibilità di controllare lo sviluppo del cristallo, agendo sui livelli di ipersaturazione nell’intorno del germe o sub-nucleo di cristallizzazione, oppure provocando formazione di nuclei eterogenei in presenza di particelle estranee. Già da un punto di vista teorico, queste spiegazioni appaiono poco affidabili (le sostanze che formano cristalli di calcare sono diamagnetiche) e, in ogni caso, tali azioni non possono essere permanenti, in pratica non possono continuare ad esistere dopo il passaggio attraverso il campo indotto. Inoltre, qualora si accettino le ipotesi fatte, si pongono in essere severe limitazioni alle caratteristiche degli apparecchi in rapporto al tipo di acqua da trattare (conducibilità, eventuale presenza di sostanze ferromagnetiche, forza del campo magnetico, ecc.). L’approccio teorico al problema, peraltro quasi mai trattato compiutamente nella letteratura di corredo agli apparecchi, può essere però fuorviante nel senso che lascia spazio ad una infinita gamma di considerazioni, fra le quali possono essere trovati elementi contraddittori. Ecco perché, nel seguito, riteniamo più interessante riportare quello che hanno fatto e detto alcuni ricercatori che si sono preoccupati di sperimentare “sul campo” l’efficacia degli apparecchi e quello che, per informazione o sintesi, è stato scritto su riviste specializzate e non.

Le norme per gli apparecchi Anticalcare:

Addolcitori a scambio ionico.
Debbono osservare le ulteriori seguenti condizioni:

  • a) le apparecchiature devono essere dotate di un dispositivo per la rigenerazione automatica, che deve venire effettuata almeno ogni quattro giorni;
  • b) le apparecchiature devono essere dotate di un sistema automatico di autodisinfezione durante la rigenerazione; in mancanza, devono essere dotate di un idoneo sistema di post-disinfezione continua;
  • c) qualora, per i sistemi di autodisinfezione o di post-disinfezione, siano previste modalità diverse dall’impiego del cloro o di suoi composti (nonché dall’impiego di lampade a raggi Uva, limitatamente alla post-disinfezione), esse dovranno essere approvate dal Ministero della sanità;
  • d) le apparecchiature devono essere dotate di un sìstema di miscelazione dell’acqua originaria con quella trattata al fine di mantenere la durezza ai punti d’uso nell’ambito di quanto previsto dal o.P.tt. 236/1988 ed il contenuto in sodioioni non superiore complessivamente al limite di 150 mg/l come Na;
  • e) le resine e gli altri scambiatori di ioni devono rispondere alle prescrizioni previste per i tipi utilizzati nel campo alimentare.

Dosatori di reagenti chimici

Debbono essere osservate le ulteriori seguenti condizioni:

  • a) il dosaggio dei reagenti chimici deve risultare proporzionale alla portata da trattare in qualsiasi condizione di esercizio;
  • b) i reagenti devono rispondere alle prescrizioni di purezza previste per l’utilizzazione in campo alimentare o nel trattamento delle acque potabili;
  • c) le confezioni di prodotti impiegati devono riportare in etichetta la composizione quali-quantitativa, nonché il campo di impiego del prodotto;
  • d) le concentrazioni nell’acqua in uscita dall’impianto dei vari cationi ed anioni aggiunti non devono superare i valori-limite previsti dal n.P.R. 236/1988.

Apparecchi a osmosi inversa

Debbono essere osservate le ulteriori seguenti condizioni:

  • a) occorre che il funzionamento sia completamente automatizzato;
  • b) deve essere presente un dispositivo in grado di assicurare il non ritorno dell’acqua anche sullo scarico;
  • c) le membrane e gli altri componenti dell’impianto a contatto con l’acqua devono rispondere alle prescrizioni previste per i materiali destinati a venire a contatto con gli alimenti e le bevande;
  • d) qualora sia previsto un serbatoio di raccolta a valle del trattamento, l’impianto deve essere dotato di un sistema di disinfezione continua, preferibilmente a base di cloro o di suoi composti o mediante l’impiego di lampade a raggi uva;
  • e) qualora per la disinfezione continua siano previste modalità diverse da quelle riportate, dette modalità dovranno essere approvate dal Ministero della sanità;
  • f) nel pretrattamento delle acque sottoposte al processo di osmosi inversa sono ammessi filtri a carbone attivo e mìcrofiltri;
  • g) le sostanze utilizzate nel pretrattamento devono rispondere alle prescrizioni di purezza previste per l’utilizzazione nel campo alimentare o nel trattamento delle acque potabili.

Filtri meccanici

Sono ammessi esclusivamente filtri meccanici con rete sintetica o metallica in grado di trattenere le particelle sospese di dimensioni non inferiori ai 50 micron.
Devono, inoltre, essere facilmente lavabili, automaticamente o manualmente.

Sistemi fisici

Stante l’assenza di una normativa nazionale dettante limiti all’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici ionizzanti, il decreto in commento stabilisce i valori dei campi magnetici che a 5 cm di distanza dalle apparecchiature di tal genere non dovranno mai essere superati.

Filtri a struttura composita

Sono ammessi solo se previamente soggetti all’approvazione del Ministeri della sanità. Il decreto stabilisce, infine, che, in considerazione dei documentati rischi di proliferazione batterica di rilascio incontrollato di microinquinanti, i filtri a carbone attivi non possono essere utilizzati da soli per il trattamento domestico delle acque potabili, ma devono essere integrati con altri materiali o dispositivi atti ad eliminare gli inconvenienti da essi presentati. In tal caso sono soggetti all’approvazione da parte del Ministero della sanità. Un’ultima notazione attiene il fatto che le disposizioni in commento non si applicano alle apparecchiature per il trattamento dell’acqua destinato ad uso esclusivo di servizi tecnologici e di elettrodomestici, per cui, negli stabili di nuova costruzione ed in quelli sottoposti ad una ristrutturazione globale, bisogna perseguire la soluzione della doppia rete, di cui una destinata ad uso tecnologico e l’altra ad uso potabile, alimentata con acqua potabile non trattata.

 

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